A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nella nostra zona 4 si trova un luogo magico ed affascinante,
capace ancora di trasmettere quella poesia e quella tranquillita'
che tutti vorremmo ritrovare,
perché delicato e silenzioso.
E' l'antico Borgo di Monluè, un sito medievale, che ha
cristallizzato il tempo fermandolo al milleduecento, un luogo che, per
nostra fortuna, ha resistito alla pesante urbanizzazione dell'ultimo secolo.
Fondato secondo la tradizione in epoca longobarda, Monlue' prende
il nome dalla contrazione dell'originario "Mons Luparius", cioe' il monte
dei lupi. Questo fa presupporre che in origine qui si trovasse un rilievo
collinoso sovrastante il fiume, mentre tutt'attorno era un intrico di
boschi e foreste, probabilmente infestate da lupi e briganti, che separavano
il sito dalle mura di cinta della citta', distanti all'epoca (alto medioevo)
parecchie miglia.
In seguito la collina spari', il nome si muto' in Mons Lovarius,
Monvoletto, Monlove' (queste sono alcune etimologie attendibili) ed infine
in Monlue', nome che conserva tuttora.
Lo stato selvaggio ed inesplorato del luogo circostante non scoraggio' i
fondatori dell'attuale complesso, i frati Umiliati, che qui ebbero una delle
loro piu' fiorenti comunita' agricole.
Da una lapide in latino pressoche' illeggibile, sita sulla
facciata della chiesa di San Lorenzo, di cui poi diremo, risulta che il
fondo sia venuto in dono agli Umiliati di Brera il 12 marzo 1267 da parte
di Bonifacio di Monterico e Alberto da Bescape', con un annesso cimitero,
affinche' potessero ricostruirvi una chiesa in onore di San Lorenzo appunto,
che oggi domina quanto rimane del complesso.
Secondo l'impianto tipico delle comunita' degli Umiliati, anche questa
si sviluppa attorno ad un'ampia corte, in cui ancora rimane un mulino, in
discreto stato di conservazione, per quanto notevolmente rimaneggiato.
In seguito al contrasto tra l'ordine degli Umiliati e San Carlo Borromeo, che pure passo' di qui, pare, durante la peste di Milano, l'ordine stesso venne soppresso, e tutte le proprieta', Monlue' incluso, passarono in varie mani; tra gli ordini che ricevettero le proprieta' redistribuite, la fece da padrone quello dei Gesuiti, che si dice San Carlo prediligesse.
All'inizio del Novecento, il complesso passo' in proprieta' al Pio Albergo
Trivulzio, come casa agricola, mentre la parrocchia continuava a fare la
sua funzione per gli abitanti del borgo. Questi pero', nei primi anni settanta,
in concomitanza con la costruzione della Tangenziale Est, che di fatto li
separava dalla citta', iniziarono ad andarsene, ed il borgo rischio' il
degrado; in effetti, se non e' stato del tutto abbandonato, un po' di
merito va indubbiamente alla trattoria omonima, di cui parleremo nel prossimo
articolo.
Dall'altra parte, l'isolamento di cui ha sofferto a causa della tangenziale
est ha paradossalmente favorito il mantenimento dello statu quo del borgo
stesso, in quanto non e' stato interessato da colate di cemento massicce come
quelle che in passato, ma purtroppo anche ai giorni nostri, venivano e vengono
versate a fianco e a dispetto di borghi in cui le tracce del passato sono
tuttora evidenti (cito ad esempio Rogoredo).
Il gioiello architettonico del complesso e del borgo e' senza dubbio la
chiesa di San Lorenzo in Monlue'. Questa parrrocchiale, gia' esistente nel 1244,
fu rifatta in forme romanico-gotiche intorno al 1267 dagli Umiliati di Santa
Maria di Brera, come si diceva, e fu consacrata da Ottone Visconti, allora
Arcivescovo di Milano; modificata nel 1584, fu ancora restaurata nel
1877. Nonostante i gusti del tempo, il restauro rispetto' lo stile
dell'imponente campanile scandito da cornici ed archetti con bifore e cuspide.
Gia' importante al tempo dei frati agricoltori, che nel 1290 vi tennero
uno dei Capitoli Generali dell'Ordine (cioe' una sorta di elezioni alle cariche
dell'Ordine stesso), l'abbazia e' oggi un monumento nazionale.
La navata conserva un soffitto a cassettoni del Cinquecento; cinta da arcate
in cotto, alternate a colonnine in marmo rosa, si conclude con un'abside con
volta a crociera. L'ingresso dalla porta laterale da' una prospettiva un po'
falsata, percio' per vedere meglio l'interno conviene andare sul fondo, ove sta
il portone principale, sopra il quale e' sito un organo di pregevole fattura;
contribuisce all'ambientazione suggestiva il pavimento in laterizio. Nel
cortile, posto davanti alla facciata principale, si trova una statua di Maria
Bambina.
Oggi l'abbazia e' di proprieta' del Comune di Milano, che l'ha fatta restaurare non molti anni fa. Nell'edificio accanto alla chiesa, che probabilmente era la sala capitolare ddegli Umiliati, nel 1988 sono stati riscoperti pregevoli affreschi di epoca medioevale.
Tra i numerosi motivi per visitare quest'angolo di pace a pochi passi
dalla frenesia della tangenziale est voglio ricordare le numerose
manifestazioni musicalli, etniche e culturali in generale che si svolgono
in estate nell'aia e nella cascina.
Un'ultima avvertenza: se passate sulla via all'altezza della trattoria,
non dimenticatevi di salutare la signora che si affaccia sul balcone
della casa di fronte, ma attenti a non farvi vedere dal marito che si sta
radendo (vedi foto)...